Ricorso della Regione Autonoma  della  Sardegna  (codice  fiscale
80002870923) in persona del suo  Presidente  dott.  Ugo  Cappellacci,
rappresentata e difesa, giusta procura a margine del presente atto  e
in forza di delibera della Giunta regionale  della  Regione  Autonoma
della Sardegna n. 9/1 del 23  febbraio  2012,  dagli  avv.ti  Tiziana
Ledda       (codice       fiscale       LDDTZN52T59B354Q;        PEC:
tledda@pec.regione.sardegna.it; fax:  070.6062418)  e  prof.  Massimo
Luciani (codice fiscale  LCNMSM52L23H501G;  fax:  06.697634240;  PEC:
massimoluciani@ordineavvocatiroma.org),   elettivamente   domiciliata
presso lo studio del secondo in Roma, Via  Bocca  di  Leone,  n.  78,
contro il Presidente del  Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente del Consiglio pro tempore, a seguito e per  l'annullamento
del decreto del Ministro dell'economia e delle  finanze  30  dicembre
2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito
della   cessazione   dell'applicazione   dell'addizionale    comunale
all'accisa sull'energia elettrica nelle regioni a statuto  ordinario.
(11A16869)», pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  304  del  31
dicembre 2011. 
 
                              F a t t o 
 
    1. - Il presente conflitto trae origine dal decreto del  Ministro
dell'economia e delle finanze  30  dicembre  2011,  recante  «Aumento
dell'accisa  sull'energia  elettrica  a  seguito   della   cessazione
dell'applicazione dell'addizionale comunale  all'accisa  sull'energia
elettrica nelle regioni a statuto ordinario. (11A16869)»,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011. 
    Per   comodita'   d'esposizione    e'    opportuno    trascrivere
integralmente l'atto impugnato: 
    «Il Ministro dell'economia e delle finanze, 
    Vista la direttiva del Consiglio 2003/96/CE del 27 ottobre  2003,
che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei  prodotti
energetici  e  dell'elettricita'  nella  quale  si  stabilisce,   nei
principi giuridici posti a fondamento della medesima, che  gli  Stati
membri devono applicare, salvo specifiche deroghe, per ogni  prodotto
sottoposto  al  regime  armonizzato  dell'accesa,  un'unica  aliquota
nazionale  rispettosa  di  quella  minima  prevista  dalla   medesima
direttiva per lo specifico impiego in cui il prodotto e' utilizzato; 
    Visto  in  particolare  l'articolo  1  della  predetta  direttiva
2003/96/CE  che  include  tra  i  prodotti   sottoposti   al   regime
dell'accesa  armonizzata  l'elettricita'  prevedendo  che  gli  Stati
membri dell'Unione  europea  tassino  la  stessa  conformemente  alle
disposizioni contenute nella medesima direttiva 2003/96/CE; 
    Visto il testo unico delle disposizioni  legislative  concernenti
le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni  penali
e amministrative, approvato con il  decreto  legislativo  26  ottobre
1995, n. 504 e successive modificazioni ed in particolare: 
    l'articolo 52, con il quale  e'  prevista  la  sottoposizione  ad
accisa dell'energia elettrica; 
    l'Allegato I nel quale  e'  stabilita  l'aliquota  di  accisa  da
applicare all'energia elettrica  per  ogni  chilowattora  di  energia
impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni; 
    Visto l'articolo 6, comma 1, lettere a) e b),  del  decreto-legge
28 novembre 1988, n. 511, convertito, con modificazioni, dalla  legge
27 gennaio 1989, n. 20, con il quale  e'  istituita  una  addizionale
all'accisa sull'energia elettrica di cui agli articoli 52 e  seguenti
del predetto decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504,  in  favore
dei  Comuni  per  qualsiasi  uso  effettuato  rispettivamente   nelle
abitazioni e nelle seconde case; 
    Vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, con la quale si  attribuisce
delega al Governo in materia di federalismo  fiscale,  in  attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione; 
    Visto l'articolo 2, comma 6, del  decreto  legislativo  14  marzo
2011, n. 23, con il quale si stabilisce che,  a  decorrere  dall'anno
2012, l'addizionale  all'accisa  sull'energia  elettrica  di  cui  al
richiamato articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del decreto-legge n.
511 del 1988, cessa di  essere  applicata  nelle  Regioni  a  statuto
ordinario  ed  e'   corrispondentemente   aumentata,   nei   predetti
territori,  l'accisa  erariale  in  modo  tale   da   assicurare   la
neutralita' finanziaria ai fini del rispetto  dei  saldi  di  finanza
pubblica; 
    Visto il predetto articolo 2, comma 6, del decreto legislativo n.
23  del  2011  che  stabilisce  che,   con   decreto   del   Ministro
dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il 31 dicembre  2011
sono  stabilite  le  modalita'  attuative  di  quanto  stabilito  dal
medesimo articolo 2, comma 6; 
    Considerato   che   le   risorse   derivanti    dall'applicazione
dell'addizionale   all'accisa   sull'energia   elettrica    di    cui
all'articolo 6, comma 1, lettere a) e b), del predetto  decreto-legge
n. 511 del 1988 consumata nelle sole  Regioni  a  Statuto  ordinario,
comprensive della parte versata all'erario relativamente alle  utenze
con potenza disponibile superiore a 200 kW, ammontano a  614  milioni
di euro; 
    Ritenuto che si rende necessario ed urgente emanare  il  predetto
decreto  del  Ministro  dell'economia  e   delle   finanze   previsto
dall'articolo 2, comma 6, del decreto  legislativo  n.  23  del  2011
tenuto conto che, a decorrere  dall'anno  2012,  cessera'  di  essere
applicata, nelle Regioni a statuto ordinario, l'addizionale  comunale
all'accisa sull'energia elettrica di cui  all'articolo  6,  comma  1,
lettere a) e b), del richiamato decreto-legge n. 511 del 1988  e  che
nel contempo e' necessario assicurare la neutralita'  finanziaria  ai
fini del rispetto dei saldi di finanza pubblica; 
    Ritenuto  che  non  risulta  possibile,  ai  sensi  dei  principi
giuridici posti a fondamento della predetta direttiva  del  Consiglio
2003/96/CE,  applicare  aliquote  di  accisa  sull'energia  elettrica
impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni,  diversificate
in relazione al luogo geografico in cui ne avviene il consumo  e  che
pertanto non risulterebbe coerente  con  il  diritto  comunitario  la
determinazione di  una  aliquota  di  accisa  sull'energia  elettrica
impiegata, per il predetto uso, nelle  Regioni  a  statuto  ordinario
differente dall'aliquota applicata alla  medesima  energia  elettrica
impiegata nelle Regioni a statuto speciale; 
    Ritenuto necessario rinviare alla procedura di  cui  all'articolo
27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, la definizione  delle  modalita'
per la  neutralizzazione,  nei  confronti  delle  regioni  a  statuto
speciale e delle province autonome di  Trento  e  di  Bolzano,  delle
maggiori entrate derivanti dal presente decreto; 
    Decreta: 
    Art.  1.  -  Modificazioni  aliquota   di   accisa   sull'energia
elettrica. 
    1.  L'aliquota  dell'accisa   sull'energia   elettrica   di   cui
all'Allegato  I  al  testo  unico  delle   disposizioni   legislative
concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi  approvato  con
il  decreto  legislativo  26  ottobre  1995,  n.  504,  e  successive
modificazioni, impiegata per qualsiasi applicazione nelle abitazioni,
e' determinata in  euro  0,0227  per  ogni  chilowattora  di  energia
impiegata. 
    Art. 2. - Efficacia. 
    Il presente decreto ha  effetto  dal  1°  gennaio  2012  e  sara'
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana». 
    2.  -  Per  completezza  d'esposizione  si  deve  osservare  che,
contestualmente al decreto ministeriale menzionato  in  epigrafe,  il
Ministro dell'economia e delle finanze ha emanato il D.M. 30 dicembre
2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito
della   soppressione    dell'addizionale    provinciale    all'accisa
sull'energia  elettrica.  (11A16870)»,  anch'esso  pubblicato   nella
Gazzetta Ufficiale n. 304 del 31 dicembre 2011. 
    Questo  secondo  decreto  ministeriale,  in  pretesa   attuazione
dell'articolo 18, comma 5, del d.lgs. n. 68  del  2011,  ha  previsto
l'aumento, sull'intero territorio nazionale, dell'accisa erariale sul
consumo di energia elettrica, al fine di compensare  la  soppressione
dell'addizionale provinciale sull'accisa sull'energia elettrica nelle
(sole) Regioni a Statuto ordinario. La Giunta regionale della Regione
Autonoma della Sardegna, con delibera n. 9/2 del 23 febbraio 2012, ha
deliberato di promuovere ricorso per conflitto  di  attribuzione  per
richiedere a codesta Ecc.ma Corte costituzionale l'annullamento anche
di tale secondo decreto, per motivi largamente analoghi a quelli  che
di seguito si esporranno. 
    Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre
2011, recante «Aumento dell'accisa sull'energia elettrica  a  seguito
della   cessazione   dell'applicazione   dell'addizionale    comunale
all'accisa sull'energia elettrica nelle regioni a statuto  ordinario.
(11A16869)», pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  304  del  31
dicembre 2011, e' gravemente lesivo delle attribuzioni costituzionali
della Regione Autonoma della Sardegna e deve essere annullato  per  i
seguenti motivi di 
 
                            D i r i t t o 
 
    Premessa. 
    Al fine di agevolare lo svolgimento dei motivi di  ricorso  senza
dover tediare codesto Ecc.mo Collegio con inutili ripetizioni,  valga
di qui in avanti la precisazione che gli articoli della  Costituzione
che riconoscono attribuzioni costituzionali  alle  Regioni  ordinarie
sono richiamati ai sensi dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3
del 2001, che estende alle Regioni a Statuto speciale le disposizioni
di maggior favore previste per le Regioni ordinarie nelle more  della
revisione dei loro statuti. 
    1. - Violazione degli artt. 1, comma 2, 2, comma 2, 11,  12,  13,
21 e 26 della legge n. 42 del 2009 (in riferimento all'art. 2,  comma
6, del d.lgs. n. 23 del 2011)  e,  per  l'effetto,  violazione  degli
artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale per la Sardegna (legge cost. n.
3 del 1948) e 117 (anche in riferimento alla direttiva 2003/96/CE)  e
119 Cost. Il decreto ministeriale impugnato viola gli artt. 1,  comma
2, 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge n.  42  del  2009  (in
riferimento all'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del  2011)  e,  per
l'effetto, viola gli artt. 3, 7  e  8  dello  Statuto  della  Regione
Sardegna e 117 e 119 Cost., in quanto detta disposizioni sulle accise
applicabili nelle Regioni a Statuto  speciale  (e  dunque  anche  nei
confronti  della  Regione  Sardegna)   in   pretesa   attuazione   di
disposizioni di legge che non trovano applicazione - appunto  -  alle
Regioni a Statuto speciale.  In  questo  modo  il  decreto  impugnato
comprime  senza  un  valido  fondamento  normativo  le   attribuzioni
costituzionali della Regione Sardegna ed in particolare  interferisce
con la competenza legislativa esclusiva  nella  materia  «ordinamento
degli enti locali» e «finanza locale», di cui all'art.  3,  comma  1,
lettera  b),  dello  Statuto  di  autonomia  e  con   la   competenza
legislativa concorrente nella materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario», di cui  all'art.  117,  comma  3,
Cost. 
    2.1.  -   Per   comprendere   la   lesione   delle   attribuzioni
costituzionali della ricorrente e' opportuno riepilogare la singolare
vicenda normativa in cui si colloca  l'atto  impugnato.  Il  d.m.  30
dicembre 2011, come si e' gia' visto, e' stato  adottato  in  pretesa
attuazione della clausola contenuta nell'art.  2,  comma  6,  secondo
periodo, del d.lgs. n. 23 del 2011, recante «Disposizioni in  materia
di federalismo fiscale  municipale».  Nel  comma  ora  menzionato  si
dispone che «a  decorrere  dall'anno  2012  l'addizionale  all'accisa
sull'energia elettrica di cui all'articolo 6, comma 1, lettere  a)  e
b), del decreto-legge 28  novembre  1988,  n.  511,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 27 gennaio 1989, n. 20,  cessa  di  essere
applicata nelle regioni a statuto ordinario ed e' corrispondentemente
aumentata, nei predetti territori, l'accisa erariale in modo tale  da
assicurare la neutralita' finanziaria del presente  provvedimento  ai
fini del rispetto dei saldi di  finanza  pubblica.  Con  decreto  del
Ministro dell'economia e  delle  finanze  da  emanarsi  entro  il  31
dicembre 2011 sono stabilite  le  modalita'  attuative  del  presente
comma». 
    2.2. - Il d.lgs. n. 23 del 2011 e' stato emanato (lo si legge nel
preambolo) «vista la legge 5 maggio 2009, n. 42, recante  "Delega  al
Governo  in   materia   di   federalismo   fiscale,   in   attuazione
dell'articolo 119 della Costituzione" e, in particolare, gli articoli
2, comma 2, 11, 12,  13,  21  e  26».  La  delega  legislativa  cosi'
conferita, pero', concerneva, nella larga maggioranza  delle  proprie
previsioni, il regime tributario e di  finanza  pubblica  delle  sole
Regioni a Statuto ordinario. Tanto si desume dall'art.  1,  comma  2,
della legge n. 42 del 2009, che dispone che «alle regioni  a  statuto
speciale ed  alle  province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  si
applicano,  in  conformita'  con  gli  statuti,   esclusivamente   le
disposizioni di cui agli articoli 15, 22 e 27». 
    Le disposizioni applicabili  alle  Regioni  a  Statuto  speciale,
indicate dalle norme ora riportate, pero', non hanno  ad  oggetto  il
regime fiscale dei prodotti energetici, in quanto recano  particolari
deleghe  legislative  in  materia  di  «finanziamento  delle   citta'
metropolitane» (art. 15), «perequazione infrastrutturale» (art. 22) e
per  il  conseguimento  degli  «Obiettivi  di   perequazione   e   di
solidarieta' per le Regioni a statuto  speciale  e  per  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano» (questa la rubrica del capo IX della
legge n. 42 del 2009, composto di un unico articolo, per l'appunto il
27). In alcuna parte dei citt. artt. 15, 22 e 27 della  legge  n.  42
del 2009, invece, si fa menzione delle entrate tributarie dei  comuni
o, in particolare,  delle  accise  sui  prodotti  legati  al  mercato
dell'energia e dell'elettricita'. 
    2.3. - L'atto censurato, dunque,  si  inserisce  nella  complessa
vicenda dell'attuazione del federalismo fiscale per i comuni  facenti
parte delle (sole) Regioni a Statuto ordinario. E'  per  quegli  enti
che il legislatore delegato ha previsto, nel contesto  della  riforma
complessiva  della  finanza  pubblica  e  della  fiscalita'   locale,
l'esclusione dell'addizionale  sull'accisa  elettrica  dalle  entrate
comunali  e  il  riequilibrio  del   gettito   attraverso   l'aumento
dell'uccisa erariale. Anzi, occorre precisare  che  il  cit.  art  2,
comma 6, secondo  periodo,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011  specifica
espressamente  che  il  regolamento  attuativo  deve  assicurare   la
neutralita' finanziaria del provvedimento, nel senso  che  il  cambio
dell'imposizione deve necessariamente risolversi in  un'operazione  a
«somma zero» per il contribuente. 
    2.4.  -  Il  descritto  sconfinamento   del   decreto   impugnato
dall'ambito materiale/territoriale definito dalla  legge  n.  42  del
2009 e dal d.lgs. n. 23 del 2011 e' stato paradossalmente appurato  -
seppure indirettamente - dalla stessa Amministrazione statale. 
    Il Ministero dell'economia, Dipartimento delle Finanze, Direzione
Federalismo Fiscale, in data 3 gennaio 2012 ha diramato la  Circolare
n.  1/DF,  prot.   n.   112/2012,   avente   ad   oggetto   «Modifica
nell'applicazione delle addizionali comunale e provinciale all'accisa
sull'energia elettrica prevista dal d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 e dal
d.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 [...]». 
    Il Ministero dell'economia e delle finanze (si  noti:  la  stessa
Amministrazione da cui proviene il decreto impugnato) nel  rispondere
ad  «alcune  richieste  di  chiarimento  pervenute   in   riferimento
all'applicazione delle addizionali comunali e provinciali sull'accisa
sull'energia elettrica di cui all'art. 6 del d.l. n. 511 del  1988  e
alle modifiche intervenute con il d.lgs. n. 23 del 2011, ha  ritenuto
doveroso «innanzitutto, soffermarsi sul  fatto  che  le  disposizioni
concernenti  il  federalismo  municipale   e   provinciale   relative
all'addizionale    all'accisa    sull'energia    elettrica    trovano
applicazione unicamente nei comuni e nelle province delle  regioni  a
Statuto ordinario». 
    In  particolare,  per  quanto  concerne  l'addizionale   comunale
all'accisa sull'energia elettrica, il Ministero  chiarisce  che  «Per
quanto riguarda i comuni delle regioni a Statuto ordinario,  il  gia'
richiamato art. 2, comma 6, del d.lgs. n.  23  del  2011,  stabilisce
che, a decorrere dall'anno  2012,  l'addizionale  comunale  cessa  di
essere  applicata  nelle  regioni   a   Statuto   ordinario   ed   e'
corrispondentemente  aumentata,  nei  predetti  territori,   l'accisa
erariale in modo tale da assicurare la  neutralita'  finanziaria  del
citato provvedimento ai  fini  del  rispetto  dei  saldi  di  finanza
pubblica. Per i comuni delle restanti regioni occorre, invece,  avere
riguardo al disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 14 del  d.lgs.  n.  23
del 2011. Il comma 2, appena citato prevede che nei  confronti  delle
regioni a Statuto speciale il citato decreto "si applica nel rispetto
dei rispettivi statuti e in conformita'  con  le  procedure  previste
dall'articolo 27 della citata legge n. 42 del 2009 ... sono stabilite
la decorrenza e le modalita' di applicazione  delle  disposizioni  di
cui all'articolo 2 nei confronti dei comuni ubicati nelle  regioni  a
statuto speciale ..."» (p. 2). 
    Come si vede, lo stesso Ministero aveva ben  chiaro  quale  fosse
l'ambito  di  applicazione   territoriale   della   manovra   fiscale
sull'accisa applicata sull'energia elettrica e come essa non  potesse
certamente riguardare le Regioni a Statuto speciale. 
    Se l'eliminazione dell'accisa  comunale  e'  stata  correttamente
limitata alle sole Regioni  a  Statuto  ordinario,  pero',  l'aumento
dell'accisa erariale non e' stato analogamente limitato, ma - anzi  -
e' stato  espressamente  esteso  alle  Regioni  a  Statuto  speciale,
nonostante che detto  aumento  avesse  il  proprio  fondamento  nelle
stesse disposizioni di legge e avesse come finalita' il  mantenimento
di un livello di gettito fiscale identico al passato, senza  aggravio
per i contribuenti. 
    Che sia  cosi'  lo  dimostra  (qualora  non  bastasse  l'espressa
formulazione del  decreto  ministeriale  impugnato)  la  gia'  citata
Circolare n. 1/DF, in cui il Ministero ha inteso «precisare che,  per
quanto attiene  all'aumento  dell'aliquota  dell'accisa  sull'energia
elettrica prevista dall'art. 2, comma 6, del d.lgs. n.  23  del  2011
(finalizzata a compensare la disapplicazione, nelle  sole  regioni  a
Statuto ordinario, dell'addizionale comunale  al  medesimo  tributo),
nel decreto del 30 dicembre 2011,  adottato  ai  sensi  dell'art.  2,
comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, si e' ritenuto di dover procedere
ad  un  incremento  uniforme  dell'aliquota  di  accisa  sull'energia
elettrica  impiegata  nelle  abitazioni   per   l'intero   territorio
nazionale» (p. 3 sg.). 
    2.5. - Il Ministero, come risulta dal testo dell'atto  impugnato,
sopra riportato, ha ritenuto di  non  poter  esimersi  dall'applicare
uniformemente   la   maggiorazione   dell'accisa   erariale,    senza
diversificare la tassazione dell'energia elettrica «in  relazione  al
luogo geografico in cui ne avviene  il  consumo»,  in  ragione  della
direttiva 2003/96/CE del 27 ottobre 2003. In particolare,  ad  avviso
dell'Amministrazione  statale,  «non  risulterebbe  coerente  con  il
diritto comunitario la  determinazione  di  una  aliquota  di  accisa
sull'energia elettrica impiegata, per il predetto uso, nelle  Regioni
a statuto ordinario differente dall'aliquota applicata alla  medesima
energia elettrica impiegata nelle Regioni a statuto speciale». 
    Tale assunto, su cui si fonda il decreto censurato, e' errato  ed
illegittimo. 
    E' evidente  che,  per  il  diritto  comunitario,  e'  del  tutto
irrilevante   l'identita'   del    soggetto    pubblico    percettore
dell'imposta. Cio' che la direttiva  2003/96/CE  vuole,  infatti,  e'
semplicemente che i livelli di imposizione siano uniformi su tutto il
territorio della UE, ma nulla dice (ne' lo potrebbe) sul modo in cui,
entro i singoli  Stati  membri,  le  corrispondenti  entrate  debbono
essere  ripartite.  Basta  considerare,  a  tal  proposito,  che   la
Direttiva 2003/96/CE si fonda sul principio  per  cui  «l'assenza  di
disposizioni  comunitarie  che  assoggettino  a   tassazione   minima
l'elettricita' e i prodotti energetici  diversi  dagli  oli  minerali
puo'  essere  pregiudizievole  al  buon  funzionamento  del   mercato
interno» (considerando n. 2) e, pertanto, muove dal  presupposto  che
«Il buon funzionamento del mercato interno e il  conseguimento  degli
obiettivi di altre politiche comunitarie richiedono che siano fissati
nella Comunita' livelli minimi di tassazione per la maggior parte dei
prodotti energetici, compresi l'elettricita', il gas  naturale  e  il
carbone»  (considerando  n.  3).  Tali  principi  trovano   immediata
traduzione normativa nell'art. 4 della direttiva, in cui  si  dispone
che «1. I livelli di  tassazione  applicati  dagli  Stati  membri  ai
prodotti energetici  e  all'elettricita'  [...]  non  possono  essere
inferiori ai livelli minimi di tassazione  stabiliti  nella  presente
direttiva. 
    2. Ai fini della presente direttiva si intende  per  "livello  di
tassazione" l'onere fiscale complessivo derivante dal cumulo di tutte
le  imposte  indirette  (eccetto  l'IVA),  calcolate  direttamente  o
indirettamente  sulla  quantita'  di   prodotti   energetici   e   di
elettricita', all'atto dell'immissione in consumo». 
    Nulla,  dunque,  prescrive  la  direttiva  citata   quanto   alla
distribuzione  interna  delle  entrate   derivanti   dall'imposizione
disciplinata  in  sede  comunitaria.  Al  contrario,  e'  proprio  il
legislatore   comunitario   che   ha   richiesto,   al   fine   della
determinazione del «livello di tassazione», la sommatoria di tutte le
imposte indirette (con l'eccezione esplicita dell'IVA). Tanto  indica
inequivocabilmente che al raggiungimento di quel livello possono  ben
contribuire differenti  soggetti  pubblici  titolari  di  concorrente
potesta'  impositiva  (come  succede  nel  caso  di  specie,  in  cui
all'accisa  erariale  si  somma  l'addizionale   comunale).   Palese,
pertanto, e' l'errore nel  quale  lo  Stato  e'  incappato  adottando
l'atto di cui in epigrafe, errore che ne vizia in radice il contenuto
dispositivo. 
    2.6. - In conclusione sul punto, dunque, si  puo'  ben  affermare
che il decreto impugnato, poiche' ha prodotto i propri effetti  anche
sul  sistema  fiscale  delle  Regioni  a  Statuto  speciale   (e   in
particolare sulla finanza  dei  comuni,  percettori  dell'addizionale
sull'accisa) in violazione degli artt. 1, comma 2, 2,  comma  2,  11,
12, 13, 21 e 26 della legge n. 42 del 2009, in  riferimento  all'art.
2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, viola gli artt. 3, 7 e 8 dello
Statuto della Regione Sardegna e 117 e 119  Cost.,  in  quanto  detta
disposizioni  sulle  accise  applicabili  nelle  Regioni  a   Statuto
speciale (e  dunque  anche  nei  confronti  della  Regione  Sardegna)
nonostante la clausola di salvaguardia recata dalla medesima legge n.
42  del  2009  e,  pertanto,  comprime  senza  un  valido  fondamento
normativo la competenza legislativa esclusiva della ricorrente  nella
materia «ordinamento degli enti locali» di cui all'art. 3,  comma  1,
lettera  b),  dello  Statuto  di  autonomia,  e  la  sua   competenza
legislativa concorrente nella materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario», di cui  all'art.  117,  comma  3,
Cost. 
    Dato che, come si e'  visto,  l'atto  impugnato  incide,  seppure
indirettamente,  sulle  entrate   tributarie   degli   enti   locali,
egualmente lesa e' la competenza legislativa esclusiva della  Regione
Sardegna nella materia «finanza locale». Essa e' di sicura  spettanza
regionale, in ragione degli artt. 3, comma 1, lettera b) («la Regione
ha potesta' legislativa nelle seguenti materie: [...] b)  ordinamento
degli enti locali e delle relative circoscrizioni)» e 7 («La  Regione
ha una propria finanza, coordinata con quella dello Stato, in armonia
con i principi della solidarieta'  nazionale  [...]»)  dello  Statuto
speciale. Anche codesta Ecc.ma  Corte  costituzionale,  peraltro,  ha
ribadito che la competenza  della  Regione  Sardegna  in  materia  di
finanza locale e' esclusiva e come tale deve essere tutelata. Come si
legge nella sent. n. 275 del 2007, infatti, la «materia della finanza
locale, [...] per la  Regione  sarda,  e'  devoluta  alla  competenza
legislativa esclusiva della Regione in forza dell'art. 3, lettera b),
del relativo statuto speciale» (ma v. anche la sent. n. 102 del  2008
circa la specifica autonomia che lo Statuto attribuisce alla  Regione
Sardegna nella materia dell'imposizione fiscale e, seppure in maniera
meno esplicita, la sent. n. 229 del 2011). 
    Inoltre il decreto ministeriale impugnato e'  viziato  anche  per
difetto di istruttoria, difetto di motivazione ed eccesso  di  potere
per sviamento e falsa applicazione della Direttiva 2003/96/CE, e,  di
conseguenza, e' violativo degli artt. 3, 4, 5, 7 e  8  dello  Statuto
speciale e 117 (con particolare, ancorche' non esclusivo, riferimento
al comma 1) e 119 della Costituzione, nella parte in cui - come si e'
gia' detto - assume a ragione giustificatrice dell'intervento statale
l'assunto che «non risulta possibile, ai sensi dei principi giuridici
posti a fondamento della predetta direttiva del Consiglio 2003/96/CE,
applicare aliquote di accisa  sull'energia  elettrica  impiegata  per
qualsiasi applicazione nelle abitazioni, diversificate  in  relazione
al luogo geografico in cui ne avviene il consumo e che  pertanto  non
risulterebbe coerente con il diritto comunitario la determinazione di
una aliquota di  accisa  sull'energia  elettrica  impiegata,  per  il
predetto  uso,  nelle  Regioni   a   statuto   ordinario   differente
dall'aliquota applicata alla  medesima  energia  elettrica  impiegata
nelle Regioni a statuto speciale». 
    Non avendo tenuto in debito conto il fatto che,  a  fronte  delle
disposizioni della Direttiva 2003/96/CE e delle misure a tutela della
concorrenza e del mercato comune europeo in  essa  previste,  risulta
essere assolutamente irrilevante l'individuazione dell'Ente  pubblico
percettore dell'imposta, il cui gettito puo' ben essere ripartito tra
i diversi livelli istituzionali, pur rimanendo l'imposizione conforme
ai parametri  della  Direttiva  2003/96/CE,  l'atto  impugnato  viola
l'art. 117,  comma  1,  Cost.,  e  ha  illegittimamente  pregiudicato
l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dall'art.  7
dello Statuto, nonche' le sue competenze legislative (in particolare,
ancora una volta, la competenza esclusiva nelle materie  «ordinamento
degli enti locali» e «finanza locale», di cui agli artt. 3, comma  1,
lettera b), dello Statuto, e la competenza concorrente nella  materia
«coordinamento della finanza pubblica e del sistema  tributario».  E'
altresi' violata la competenza della Regione Sardegna  a  partecipare
all'attuazione, nelle materie  di  sua  competenza,  delle  decisioni
dirette alla formazione degli atti normativi  comunitari,  attribuita
dall'art. 117, comma 5, Cost. Questo perche' lo  Stato,  al  fine  di
dare (pretesa) attuazione al principio dell'uniforme  tassazione  dei
prodotti  energetici  nel  mercato  comune  europeo,  ha  invaso   le
competenze legislative della ricorrente, impedendo  alla  Regione  di
esercitare  le   sue   attribuzioni   nell'attuazione   del   diritto
comunitario. 
    3. - In via gradata, violazione del principio  di  ragionevolezza
di cui all'art. 3 Cost., violazione  degli  artt.  3,  7  e  8  dello
Statuto speciale per  la  Sardegna  (legge  cost.  n.  3  del  1948),
violazione degli artt. 117 e 119  Cost.  e  del  principio  di  leale
collaborazione di cui agli artt.  5  e  117  Cost.  In  via  gradata,
nell'ipotesi che si ritenesse  insussistente  il  vizio  rilevato  al
punto precedente, il decreto censurato  violerebbe  il  principio  di
ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost. e, per  l'effetto,  violerebbe
ancora gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e  117
e 119 Cost., nonche' il principio di leale collaborazione di cui agli
artt. 5 e 117 Cost., nella misura in cui attua da  subito  un  regime
meno favorevole per i cittadini delle  Regioni  a  Statuto  speciale,
producendo  effetti  notevoli  (seppure  indiretti)   sulla   finanza
pubblica  regionale  e  locale,  rinviando  l'attuazione  di   misure
compensative a futuri adempimenti, che risultano incerti nell'an, nel
quantum e nel quomodo. 
    In  questo  modo,  dunque,   risulta   pregiudicata   l'autonomia
finanziaria  della  Regione  Sardegna,  tutelata  dalle  disposizioni
statutarie  e  costituzionali  sopra  richiamate,  nonche'   la   sua
competenza legislativa esclusiva  nelle  materie  «ordinamento  degli
enti locali» e «finanza locale» (spettante  alla  ricorrente  per  le
ragioni gia' viste al  paragrafo  precedente)  e  la  sua  competenza
legislativa concorrente nella materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica e del  sistema  tributario»  (art.  117,  comma  3,  Cost.).
inoltre disatteso il principio di leale collaborazione, nella  misura
in cui risulta applicato da  subito  un  regime  sfavorevole  per  la
Regione Sardegna e per i suoi cittadini, mentre  e'  rinviata  ad  un
momento futuro e indeterminato l'adozione di misure compensative. 
    3.1. - Ancora in via gradata,  l'atto  impugnato  viola,  per  un
ulteriore profilo, il principio di ragionevolezza di cui  all'art.  3
Cost. e, per l'effetto, viola ancora gli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto
della Regione Sardegna e 117 e 119 Cost.,  nonche'  il  principio  di
leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost. 
    Tanto perche', nonostante l'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del
2011 abbia autorizzato il Ministro dell'economia e  delle  finanze  a
«stabilire  le  modalita'  attuative»  della  revisione   dell'accisa
dell'energia elettrica, l'atto impugnato si  limita  ad  indicare  la
nuova aliquota per l'accisa erariale, tacendo quanto  alle  modalita'
attuative  della  disposizione  di  legge,  nonostante   vi   fossero
indubitabili e oggettive esigenze di coordinamento con la  disciplina
fiscale vigente nelle Regioni a Statuto speciale. 
    In questo modo lo Stato ha ulteriormente pregiudicato l'autonomia
finanziaria  della  ricorrente   e   ha   violato   le   attribuzioni
costituzionali regionali, indebitamente  interferendo  nell'esercizio
della competenza legislativa  esclusiva  nelle  materie  «ordinamento
degli enti locali»  e  «finanza  locale»,  nonche'  nella  competenza
legislativa concorrente nella materia  «coordinamento  della  finanza
pubblica e del sistema tributario». Ha, inoltre, gravemente disatteso
il principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117 Cost.,
proprio perche' si e' limitato, con l'atto impugnato,  a  individuare
la nuova aliquota dell'accisa sull'energia elettrica,  salvaguardando
il proprio interesse a massimizzare il gettito fiscale, senza  tenere
in alcun conto le esigenze di coordinamento con la finanza pubblica e
con il sistema tributario delle Regioni a Statuto speciale. 
    4. - Violazione dell'art. 117,  comma  6,  Cost.  In  ogni  caso,
l'atto impugnato viola l'art. 117, comma 6, Cost., in quanto lo Stato
ha adottato un  atto  di  natura  regolamentare  in  una  materia  di
competenza legislativa concorrente, qual e' quella del «coordinamento
della finanza pubblica e del sistema tributario», cosi' usurpando  la
potesta' regolamentare regionale (si  veda  la  sentenza  di  codesta
Ecc.ma Corte costituzionale n. 325 del 2010, in cui si afferma che la
materia del coordinamento della finanza pubblica appartiene al novero
delle materie «di competenza legislativa concorrente, e non a materie
di competenza legislativa esclusiva statale, per  le  quali  soltanto
l'art. 117, sesto comma, Cost. attribuisce  allo  Stato  la  potesta'
regolamentare». 
    Il decreto ministeriale, e' bene precisare, ha senz'altro  natura
regolamentare, essendo stato emanato, lo si e' gia' detto, in ragione
dell'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, che ha demandato  al
Ministro dell'economia e delle finanze non  solamente  la  fissazione
dell'aliquota  dell'accisa  erariale,  ma  la  determinazione   delle
«modalita' attuative» del predetto art. 2, comma 6, del d.lgs. n.  23
del 2011. 
    5. - Violazione, per ulteriori profili, del  principio  di  leale
collaborazione e dell'art. 117 Cost. In  ogni  caso,  quand'anche  si
ritenessero sussistenti le ragioni giustificatrici dell'attrazione in
sussidiarieta' della competenza ad adottare una  normativa  di  rango
regolamentare,  il  decreto  ministeriale  impugnato  violerebbe   il
principio di leale collaborazione di cui agli artt. 5 e 117  Cost.  e
lederebbe la competenza legislativa  esclusiva  della  Regione  nelle
materie «ordinamento degli enti locali» e «finanza locale»  (art.  3,
comma 1, lettera b),  dello  Statuto)  e  la  competenza  legislativa
concorrente nella materia «coordinamento della finanza pubblica e del
sistema tributario» (art. 117, comma  3,  Cost.).  Tanto  perche'  lo
Stato, con l'atto impugnato, ha regolato nel dettaglio  le  fonti  di
entrata dei Comuni  delle  Regioni  a  Statuto  speciale  senza  aver
raggiunto ne' promosso l'intesa con tali Regioni  (e  quindi  con  la
Regione Sardegna). 
    E' principio saldissimo nella giurisprudenza  di  codesta  Ecc.ma
Corte costituzionale (si veda, tra le piu' recenti, la  sent.  n.  79
del 2011), che «nel rapporto tra legislazione statale e  legislazione
regionale, [...] quest'ultima possa venire  spogliata  della  propria
capacita' di disciplinare  la  funzione  amministrativa  attratta  in
sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni  alla  previsione
di un'intesa in sede di  esercizio  della  funzione,  con  cui  poter
recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non  gia'
al sistema regionale complessivamente inteso, quanto  piuttosto  alla
specifica  Regione  che  sia  stata  privata  di  un  proprio  potere
(sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003)». 
    6. - Violazione, per un ulteriore profilo, degli artt.  1,  comma
2, 2, comma 2, 11, 12, 13, 21 e 26 della legge n.  42  del  2009,  in
riferimento all'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del  2011,  e,  per
l'effetto, violazione degli artt. 3, 7 e 8 dello Statuto speciale per
la  Sardegna  (legge  cost.  n.  3  del  1948)  116,  117  (anche  in
riferimento alla direttiva 2003/96/CE)  e  119  Cost.  I  profili  di
lesione delle attribuzioni costituzionali della Regione  Sardegna  si
moltiplicano  se  solo  si  considera  che  il  decreto  ministeriale
impugnato determina l'effetto di una doppia  imposizione  fiscale.  I
contribuenti residenti nelle Regioni a Statuto speciale sono  infatti
sottoposti sia all'aumento dell'accisa erariale  che  all'addizionale
comunale gia' vigente. 
    Che tale sia l'effetto  del  decreto  ministeriale  impugnato  si
evince inequivocabilmente dalle disposizioni di legge che segnano  la
particolare vicenda normativa che si e' gia' descritta: da una parte,
infatti, l'art. 2, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011,  nel  rispetto
nei limiti territoriali fissati  dalla  legge  n.  42  del  2009,  ha
eliminato l'addizionale all'accisa sull'energia elettrica per i  soli
comuni delle Regioni a Statuto  ordinario;  dall'altra,  il  d.m.  30
dicembre 2012 ha esteso a tutto  il  territorio  nazionale  l'aumento
dell'accisa erariale  (pretesamente  corrispondente  all'eliminazione
dell'addizionale comunale). 
    Qualunque dubbio in  merito,  comunque,  e'  stato  fugato  dalla
menzionata Circolare n. 1/DF  del  Ministero  dell'economia  e  delle
finanze, ove si e'  chiarito  che  «le  disposizioni  concernenti  il
federalismo  municipale  e   provinciale   relative   all'addizionale
all'accisa sull'energia elettrica» recate dal d.lgs. n. 23  del  2011
«trovano applicazione unicamente nei comuni e  nelle  province  delle
regioni a Statuto ordinario»  (p.  2),  mentre  «per  quanto  attiene
all'aumento dell'aliquota dell'accisa sull'energia elettrica prevista
dall'art. 2, comma 6, del  d.lgs.  n.  23  del  2011  (finalizzata  a
compensare  la  disapplicazione,  nelle  sole   regioni   a   Statuto
ordinario,  dell'addizionale  comunale  al  medesimo  tributo),   nel
decreto del 30 dicembre 2011, adottato ai sensi dell'art. 2, comma 6,
del d.lgs. n. 23 del 2011, si e' ritenuto di dover  procedere  ad  un
incremento uniforme dell'aliquota di  accisa  sull'energia  elettrica
impiegata nelle abitazioni per l'intero territorio nazionale»  (p.  3
sg.). 
    Non basta. L'Enel, principale fornitore di energia elettrica  nel
territorio  nazionale,  ha  pubblicato  sul  proprio  sito   internet
(http://www.enel.it/itIT/doc/clienti/enel_servizio_elettrico/Imposte.
pdf) un chiaro  prospetto  informativo  sulle  imposte  gravanti  sul
consumo di energia elettrica per l'anno  2012.  Questo  prospetto  e'
composto di due tabelle. La prima relativa  alle  Regioni  a  Statuto
ordinario, non indica alcuna aliquota per  l'addizionale  comunale  e
individua, alla voce «totale imposte», il  moltiplicatore  «0,02270»,
determinato proprio, come  si  e'  visto,  dal  decreto  ministeriale
impugnato. La seconda  tabella,  valida  per  le  Regioni  a  Statuto
speciale, indica sia l'aliquota dell'addizionale comunale (pari  allo
0,01859 in via ordinaria e allo 0,02040 per le c.d. «seconde  case»),
sia  l'accisa  erariale  nella  aliquota  rideterminata  dal  decreto
ministeriale impugnato (0,02270). Il ricarico d'imposta totale per  i
contribuenti delle Regioni a Statuto  speciale  risulta,  ovviamente,
ben maggiore rispetto a quello vigente per i  contribuenti  residenti
nelle Regioni a Statuto ordinario. 
    Non basta ancora. Che il  decreto  ministeriale  impugnato  abbia
determinato l'effetto di doppia imposizione a carico dei contribuenti
residenti nelle Regioni a  Statuto  speciale  e'  testimoniato  anche
dagli atti che alcune Autonomie speciali hanno  inteso  adottare  per
far fronte a questa circostanza. Ci  si  riferisce,  in  particolare,
alla delibera della Giunta provinciale di Trento 20 gennaio 2012,  n.
2, avente ad oggetto «Sospensione  degli  acconti  relativi  all'anno
2012 delle addizionali provinciali e comunali all'uccisa sull'energia
elettrica». 
    Nella parte motiva  di  tale  provvedimento  si  afferma  che  il
decreto ministeriale impugnato (come  pure  il  decreto  ministeriale
adottato in pari data e riferito, invece, all'addizionale provinciale
sull'energia elettrica),  «se  da  un  lato  non  modificano  l'onere
tributario complessivo gravante sulle imprese e sui  cittadini  delle
regioni a statuto ordinario, che a  fronte  dell'aumento  dell'accisa
erariale non verseranno piu' le addizionali provinciali  e  comunali,
determinano invece dall'altro lato una sperequazione per  i  soggetti
passivi delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, i
quali sono tenuti a pagare sia l'accisa erariale  maggiorata  che  le
addizionali provinciali e comunali che continuano a trovare  regolare
applicazione». Data questa premessa, la Giunta provinciale di  Trento
ha ritenuto  «del  tutto  evidente  che  una  situazione  del  genere
determinerebbe  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  tra
cittadini ed imprese operanti nei  territori  ad  autonomia  speciale
rispetto al resto d'Italia, in ordine alla tassazione complessiva sul
consumo di energia elettrica». 
    Per evitare la doppia  imposizione  ai  cittadini  residenti  nel
proprio territorio, la Giunta provinciale di Trento «ha presentato un
disegno di legge con cui  [...]  si  prevede  a  decorrere  dall'anno
d'imposta 2012 la riduzione  a  zero  dell'aliquota  dell'addizionale
provinciale e comunale all'accisa sull'energia elettrica». Nelle more
dell'approvazione della legge, pero', la Giunta Provinciale ha dovuto
comunque agire in via d'urgenza per neutralizzare gli  effetti  della
doppia imposizione. Per questo la delibera in  commento  ha  disposto
«di sospendere, nelle more dell'iter di approvazione del medesimo  ad
opera del  Consiglio  provinciale,  l'obbligo  del  versamento  degli
acconti relativi all'anno 2012 delle citate addizionali provinciali e
comunali da parte dei soggetti passivi del territorio». 
    Va da se che un'opzione del genere non puo'  ritenersi  obbligata
per le Regioni ad  autonomia  speciale  e  che  la  via  maestra  per
rimediare  ai  gravi  effetti  prodotti  dal   decreto   ministeriale
censurato e' il suo annullamento. 
    Quanto sin qui dedotto, peraltro, dimostra ulteriormente  che  lo
Stato,  in  termini  sostanziali,  ha  surrettiziamente   introdotto,
attraverso un decreto ministeriale, una nuova  forma  di  imposizione
fiscale sul consumo di energia  elettrica,  a  carico  esclusivo  dei
residenti nelle Regioni a Statuto speciale, imposizione introdotta  -
oltretutto  -  senza  alcuna  intesa  e   senza   alcuna   forma   di
collaborazione da parte delle Regioni a Statuto speciale. 
    6.1. -  La  vicenda  da  ultimo  ricordata  descrive  in  maniera
esemplare gli elementi  essenziali  della  questione  e  come  l'atto
impugnato  abbia  violato  le   attribuzioni   costituzionali   della
ricorrente. 
    Lo  Stato,  infatti,  ha  espressamente   oltrepassato   l'ambito
d'applicazione della disciplina (dettata in attuazione della legge n.
42 del 2009) dell'art. 2,  comma  6,  del  d.lgs.  n.  23  del  2011,
disponendo un aumento dell'accisa  erariale  anche  nelle  Regioni  a
Statuto  speciale,  nonostante  che  il   decreto   legislativo   ora
menzionato avesse esplicitamente previsto una manovra «a somma  zero»
sulla tassazione dell'energia  elettrica.  I  contribuenti  residenti
nelle Regioni ad autonomia speciale, percio', si  trovano  sottoposti
ad    una    doppia    imposizione,    derivante    dall'applicazione
dell'addizionale  comunale  e  dal  contestuale  aumento  dell'accisa
erariale. 
    6.2. - Tutto cio' premesso e  considerato,  appare  di  immediata
evidenza che il decreto ministeriale impugnato viola il principio  di
eguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e, per l'effetto, viola gli arti.
3, 7 e 8 dello Statuto della Regione Sardegna e 116, 117 e 119 Cost.,
nella misura in cui la  doppia  imposizione  a  fronte  del  medesimo
presupposto d'imposta erode la capacita' fiscale dei cittadini  della
Regione Sardegna, per cio' solo ledendo l'autonomia finanziaria della
medesima Regione.  Gli  stessi  parametri  sono  violati  perche'  il
decreto  ministeriale  impugnato  grava  la  capacita'  fiscale   dei
cittadini della Sardegna di un ulteriore onere a favore  dell'erario,
con cio' violando il principio di maggiore autonomia delle Regioni  a
Statuto speciale (art. 116 Cost.) e  introducendo  un  meccanismo  di
prelievo contrario al principio di perequazione di cui  all'art.  119
Cost. 
    Non basta. Il decreto  ministeriale  impugnato  lede  l'autonomia
finanziaria della Regione Sardegna, tutelata dagli artt.  3,  7  e  8
dello Statuto speciale e 117  e  119  Cost.,  nella  misura  in  cui,
introducendo surrettiziamente  un'imposta  che  grava  solamente  sui
cittadini residenti nelle Regioni a Statuto speciale  (dunque  per  i
residenti nella Regione Sardegna) detta una disciplina  di  dettaglio
nella  materia  «finanza  locale»,  individuando  base  imponibile  e
aliquota  dell'accisa,  cosi'  ledendo,  per  un  ulteriore  profilo,
l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna e  la  sua  competenza
nelle materie «ordinamento degli enti  locali»,  «finanza  locale»  e
«coordinamento della finanza pubblica e ordinamento tributario». 
    Infine, il decreto ministeriale impugnato viola l'art. 117, comma
1,  Cost.,  in  riferimento  alla  direttiva  2003/96/CE,  anche   in
combinato disposto con il principio di ragionevolezza di cui all'art.
3 Cost., nella misura in cui, nella pretesa attuazione del  principio
comunitario di uniforme imposizione fiscale sui prodotti energetici e
sull'energia elettrica,  produce  l'effetto  contrario,  introducendo
surrettiziamente  una  diversa  imposizione  fiscale  in  danno   dei
cittadini residenti nelle Regioni a Statuto  speciale  (dunque  anche
nella Regione Sardegna). In questo  modo  lo  Stato  ha  pregiudicato
l'autonomia finanziaria della Regione Sardegna di cui agli artt. 7  e
8 dello Statuto di autonomia, comprimendo senza un valido  fondamento
normativo costituzionale  o  comunitario  la  competenza  legislativa
della Regione Sardegna nelle materie «ordinamento degli enti locali»,
«finanza locale»  e  «coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del
sistema tributario». 
    6.3. - Infine, il d.m. 30 dicembre 2012, producendo il  descritto
effetto di doppia imposizione in  danno  dei  contribuenti  residenti
nelle  Regioni  a  Statuto  speciale  (dunque  anche  nella   Regione
Sardegna), viola l'art. 119 Cost. per almeno due ulteriori profili. 
    In primo luogo, per quanto concerne il profilo sostanziale  della
questione, il maggior carico impositivo che  grava  sui  contribuenti
che risiedono nella Regione Sardegna si pone in netta antitesi con il
principio di perequazione e di solidarieta' fiscale di  cui  all'art.
119 Cost. 
    In secondo luogo, per quanto concerne il  profilo  procedimentale
della questione, la maggiore imposizione in  danno  dei  contribuenti
residenti nei territori delle autonomie speciali  e'  intervenuta  in
violazione della riserva di legge di cui all'art. 119, comma  2,  che
assegna  -  appunto  -   esclusivamente   alla   legge   l'intervento
perequativo. Tanto senza che - per soprammercato -  si  sia  prevista
alcuna forma di intesa con le Regioni a Statuto speciale. 
 
                  Istanza di sospensione cautelare 
 
    Ai sensi dell'art. 40 della legge n. 87 del 1953 e  dell'art.  26
delle  Norme  Integrative  per   i   giudizi   davanti   alla   Corte
costituzionale, la Regione Autonoma della Sardegna formula istanza di
sospensione cautelare del decreto ministeriale impugnato. 
    Quanto al fumus, si rimanda ai  motivi  che  sorreggono  l'intera
impugnazione.  In  particolare,  pero',  si  deve  osservare  che  la
fondatezza del  ricorso  emerge  gia'  ad  un  esame  sommario  della
controversia, in ragione del fatto che il decreto  impugnato  intende
applicarsi alle Regioni a Statuto speciale nonostante che esso  trovi
(pretesamente) il proprio fondamento in  disposizioni  di  legge  che
espressamente ne limitano l'attuazione alle sole Regioni ordinarie. 
    Quanto  al   periculum,   il   decreto   impugnato   in   ragione
dell'impossibilita' concreta per i contribuenti di ottenere in futuro
i rimborsi per le accise gia'  versate,  provochera'  danni  gravi  e
irreparabili ai cittadini residenti nella  Regione  Sardegna  e,  per
tale inevitabile effetto,  un'intollerabile  e  irreparabile  lesione
all'autonomia finanziaria della Regione Sardegna e alle competenze  e
alle funzioni pubbliche  ad  essa  attribuite  dallo  Statuto,  dalla
Costituzione, dalla legge. 
    Nel caso di specie, a ben vedere, si viene a  creare  un  effetto
analogo a quello dei  c.d.  «decreti-catenaccio»,  la  cui  eventuale
perdita di effetti si determina solo  sul  piano  giuridico,  ma  non
riesce  a  verificarsi  sul  piano  fattuale.  Peraltro  deve  essere
sottolineato, a questo proposito, che l'art. 35, comma 4, del d.l. n.
1 del 2012 prevede che «In relazione alle maggiori entrate rivenienti
nei  territori  delle  autonomie  speciali  dagli  incrementi   delle
aliquote dell'accisa sull'energia elettrica disposti dai decreti  del
Ministro dell'economia e delle finanze 30 dicembre 2011,  concernenti
l'aumento  dell'accisa  sull'energia  elettrica   a   seguito   della
cessazione dell'applicazione dell'addizionale comunale e  provinciale
all'accisa sull'energia elettrica, il concorso alla finanza  pubblica
delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di  Trento
e Bolzano previsto dall'articolo  28,  comma  3,  primo  periodo  del
decreto-legge 6 dicembre  2011,  n.  201,  convertito  con  legge  22
dicembre 2011, n. 214, e' incrementato di 235 milioni di euro annui a
decorrere dall'anno 2012. La quota di  maggior  gettito  pari  a  6,4
milioni annui a decorrere dal 2012 derivante all'Erario  dai  decreti
di cui al presente comma resta acquisita al bilancio dello Stato». La
disposizione  ora  citata,  che  la  Regione  Sardegna  (per  ragioni
analoghe a quelle che si sono fatte valere nel presente  ricorso)  si
riserva di impugnare nelle forme rituali, dimostra inequivocabilmente
l'impossibilita' di rimediare alla lesione delle proprie attribuzioni
e agli effetti che ne sono derivati.